The Devil wears Prada

Stavo rileggendo il romanzo della Weisberger, e mi chiedevo se è davvero così distante dalla realtà…
Ho ripreso in mano il bestseller “Il diavolo veste Prada”, grande successo della scorsa stagione.
Benché la realizzazione cinematografica sia gradevolissima, soprattutto per merito della sempre strepitosa Meryl Streep, non c’è dubbio che la versione letteraria – molto più ricca di dettagli e di riflessioni – renda più palpabile il clima di terrore della redazione di Runaway.

La domanda che mi sto ponendo è: ma quante/quanti Miranda Priestly ci è dato di incontrare ai vari livelli delle gerarchie aziendali? E soprattutto, come gestirli?

Sappiamo tutti quanti potenziali Hitler e “wannabe” Ceausescu si incontrino nelle posizioni più disparate; personaggi che – magari intoccabili per le più inconfessabili ragioni – possono rendere un inferno la vita lavorativa dei loro sottoposti.

Non solo, mentre il personaggio di Miranda compensa il fatto di essere insopportabile con una competenza e un talento manageriale organizzativo a tutta prova, di solito nella vita reale l’odiosità è inversamente proporziale alle capacità, il che rende tutto ancora più ostico.

Dare consigli è ovviamente difficile, e quindi vi risparmio le solite banalità.

Mi limito a fare un paio di considerazioni:

gli altri – capi compresi – ci trattano come noi insegnamo loro, e come pensano di poterci trattare: di solito, gli aspiranti dittatori cercano facili vittime su cui scaricare le proprie frustrazioni, e tentare di reagire (con rabbia o ragionando, non fa differenza) sortisce di solito l’effetto opposto.

L’obiettivo vero, ovviamento, non ha a che fare con il lavoro o con i risultati, ma è semplicemente quello di procurarsi una rapida autogratificazione a spese dell’autostima altrui.

Ebbene, per quanto potente NESSUNO può farci diminuire la nostra autostima senza il nostro permesso: non lo possono fare un sergente, un kapò, un secondino o un giudice, tantomento un capufficio tirannico. Ci potranno punire, frustare o licenziare, naturalmente, ma non farci abbassare la nostra autostima, se noi non lo permettiamo.

Allora, sulla base di più di un’esperienza, posso confermare che – benché talvolta difficile – concentrarsi sulla propria autostima è l’unico mezzo che ci può consentire di

a) non farci toccare più di tanto dalle angherie del Saddam Hussein di turno
b) far diminuire i comportamenti dittatoriali

Ovviamente, i risultati sono tutt’altro che garantiti, ma è sempre meglio che divorarsi il fegato dalla rabbia o – peggio ancora – sentirsi inadeguati, che è esattamento l’effetto sperato.

Io dico che merita un tentativo.

Un saluto

Bruno

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