Il segreto di Casanova
“Ingannare uno sciocco è un titolo di merito e un dovere per ogni uomo intelligente”
“Il lettore che ama pensare vedrà in queste memorie che in vita mia non ho mai avuto uno scopo preciso e che perciò l’unico criterio cui mi sono attenuto, se di criterio si può parlare, è stato quello di lasciarmi portare dove mi spingeva il vento, ovunque esso mi avesse portato.”
“L’uomo è libero solo se crede di esserlo.”
“I miei errori mostreranno a chi ama pensare l’arte di camminare sull’orlo di un precipizio senza precipitarvi: tutto ciò che serve è il coraggio, perché la forza, senza la fiducia in sè stessi, è inutile.”
“Chi non ama la vita, non la merita.”
“Mai lasciare a una femmina il tempo di pensarci su.”
(da “Histoire de ma vie”, di Giacomo Casanova)
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Chi non conosce Giacomo Casanova? Al di là dei film, dei libri, degli articoli, degli studi dedicati alle sue avventure amorose, anche nel linguaggio di tutti i giorni il vocabolo “Casanova” viene usato per indicare un seduttore ossessionato dalle conquiste, un libertino immorale la cui principale occupazione è quella di passare da un letto all’altro.
E sembra che i film e i libri che gli sono dedicati facciano di tutto per mettere quanto più in evidenza possible questo aspetto.
Ma si tratta di un errore, e per di più estremamente grossolano: Casanova è molto di più, e chiunque si sia avvicinato alla sua figura e alle opere che ci ha lasciato – non dimentichiamo che si tratta senza dubbio di uno dei più grandi scrittori del suo secolo – non può che essere amareggiato che un personaggio così complesso e straordinario sia ricordato solo come un volgare sciupafemmine.
La sua autobiografia, lungi dall’essere un romanzo pornografico, è una narrazione fittissima e appassionante di avventure affascinanti, di viaggi continui, di incontri con l’umanità più varia, di dialoghi con personaggi straordinari; una combinazione riuscitissima di magia, affari, spionaggio, storia, filosofia e, ovviamente, di conquiste galanti; ma questo in un contesto in cui tutto quello che fa non è il semplice perseguimento del piacere, ma il desiderio di afferrare il momento presente con la curiosità di scoprire tutto ciò che può offrire, e questo al di là dell’ipocrisia, delle inibizioni, della paura.
Casanova è stato definito un filosofo in azione, e nessuno meglio di lui ha saputo interpretare la massima di Orazio, il “carpe diem” che tutti citano, o quel “sequere deum”, “segui il dio”, che nel suo caso non ha nessuna particolare valenza religiosa, ma esprime la credenza che ognuno di noi ha al suo interno una “divinità” che – se ascoltata – ci guiderà sempre nella direzione migliore.
Molti si chiedono quale fosse il segreto del successo di Casanova con le donne, successo che l’ha reso celebre più delle altre sue realizzazioni. Non posso certo riassumere qui le migliaia di pagine della sua autobiografia, ma alcuni elementi della sua vita ci possono offrire indizi preziosi.
Casanova nasce a Venezia nel 1725, figlio di due attori (anche se si mormorava che il suo vero padre fosse un nobile d’alto rango, di cui la mamma era l’amante); viene allevato dalla nonna, che sostituisce come può i genitori: il padre, morto prematuramente, e la madre continuamente a calcare le scene in giro per l’Europa.
A causa delle sue precarie condizioni di salute e delle difficoltà che mostrava nel parlare e nel leggere, viene considerato poco più di un minorato mentale fino all’età di 8 anni quando – nel corso di una crisi più violenta delle altre, dove si trova a un passo dalla morte – la nonna lo porta da una specie di fattucchiera, che lo guarisce completamente e gli “sblocca” la mente. Il piccolo Giacomo in un tempo incredibilmente breve recupera il ritardo, e dimostra una memoria ed una intelligenza fantastica.
Studia latino, greco, letteratura classica, teologia, filosofia, matematica, musica, e viene mandato a studiare a Padova, dove termina a 16 anni la facoltà di giurisprudenza. Nel frattempo inizia – con poco successo, evidentemente – la carriera ecclesiastica.
Comincia a viaggiare in lungo e in largo, dimostrando una curiosità crescente per ogni cosa, un talento innato nell’attirare l’attenzione sulla sua persona, nell’affascinare chiunque incontri e – con la tendenza ad assecondare senza riflettere troppo l’impulso del momento – nel cacciarsi in ogni tipo di guai, dai quali spesso riesce a districarsi solo per colpi di fortuna che hanno dell’incredibile. Va a Costantinopoli, Corfù, Roma, Napoli, ritorna a Venezia dove per qualche tempo la buona sorte gli volta le spalle e riesce a mantenersi solo suonando il violino nell’orchestra del teatro.
Una sera, al ritorno dalle prove, salva da morte certa un nobile caduto in un canale.
È il colpo di fortuna che si aspettava: convince il nobile di essere un occultista esperto in numerologia e di poter consultare a piacimento entità astrali a cui chiedere oracoli, e comincia così un’altra attività che rappresenterà una costante nel corso di tutta la sua vita: quella di approfittarsi di persone ricche e potenti servendosi della loro credulità e delle loro superstizioni.
Non c’è qui lo spazio per entrare nei dettagli; in ogni caso, in questo periodo Casanova trascorre il suo tempo viaggiando, mietendo conquiste femminili, giocando d’azzardo.
Si trasferisce a Parigi, dove impara il francese ed entra in contatto con la nobiltà locale; nel frattempo, diventa massone. Si rimette in viaggio, e dopo aver percorso l’Europa in lungo e in largo, ritorna a Venezia, dove viene arrestato e rinchiuso nella celebre prigione dei piombi.
Non si sa di cosa sia accusato, ma il Tribunale dell’Inquisizione scrive di lui “libertino, occultista, truffatore, baro, massone.” Di sicuro, ha pestato i piedi a qualcuno in alto…
Dopo più di un anno, primo e unico nella storia della prigione, riesce ad evadere e a fuggire da Venezia. Il libro un cui descrive nei dettagli la sua fuga diventa conosciuto in tutta europa, e gli apre le porte ai più alti livelli della società, fino ad arrivare ai nobili e ai re.
Dopo un’altra serie di viaggi, ritorna a Parigi, dove convince una ricchissima nobildonna di essere in grado di officiare un rituale in cui lei sarebbe rinata in un corpo maschile, e questa “discepola” diventa per parecchio tempo la sua principale fonte di reddito.
Nel frattempo, si dichiara esperto di finanza pubblica, e spiega al ministro francese – che come tutti i ministri delle finanze di ogni paese era alla ricerca di nuovi introiti per le casse statali – quale sia il modo migliore per sistemare la finanza pubblica: un gioco d’azzardo gestito dallo stato. Dopo aver mostrato paginate di calcoli ad una scettica commissione, il sistema viene accettato: le sue regole non sono state modificate fino al giorno d’oggi, e il gioco si chiama “Lotto” (sì, per chi non lo sapesse, il Lotto nella forma moderna è stato inventato da Casanova…)
Negli anni seguenti si incontra tra gli altri con Voltaire, Prevost, Saint Germain, Rousseau, Cagliostro, papa Clemente XIII… i suoi viaggi sembrano senza fine, così come la sfilza di personaggi celebri con i quali si incontra.
Ritorna ancora a Parigi, ma questa volta viene accusato di pratiche occulte e obbligato ad andarsene; arriva in Inghilterra, dove per la prima volta è lui a perdere la testa per una ragazzina (la celebre Charpillon), che lo ridicolizza pubblicamente in tutti i modi possibili e lo porta sull’orlo del suicidio.
Ritorna a viaggiare, si reca a Berlino dove incontra Federico il Grande e – facendosi passare per ingeniere idraulico – gli propone nuovi metodi per la canalizzazione dell’acqua. Da lì si dirige verso la Russia, dov’è ricevuto in udienza da Caterina II e – inutile a dirsi – si presenta come esperto di organizzazione statale e le propone una serie di riforme.
In Polonia rischia di essere ucciso in duello, fugge in Spagna per non essere arrestato, ma anche lì finisce in galera per problemi di soldi. Riesce a uscire solo per l’intervento dell’amante di turno.
Continua a viaggiare per la penisola fino a quando – nel 1774 viene graziato e può ritornare nella sua Venezia, dove lavora come spia proprio al servizio di quelli che lo avevano condannato.
In questo nuovo mestiere ricomincia a viaggiare, ma è un lavoro che dura poco.
Rimasto completamente senza soldi, si mette a scrivere, senza troppo successo. Tra le altre cose, traduce l’Iliade dal greco in veneziano.
Invecchiato e senza risorse, prende servizio a vienna come segretario di un nobile, e poi come bibliotecario al castello di Dux in Boemia, ma non rinuncia alla vita sociale: la sera della prima del Don Giovanni a Praga (1787) lui era presente, ed essendo amico tanto di Mozart quanto di Da Ponte (il librettista dell’opera) ci sono buone probabilità che abbia dato un contributo significativo alle idee e al testo del capolavoro.
In Boemia trascorre gli ultimi anni della sua vita scrivendo, dedicandosi soprattutto alla sua autobiografia e rivivendo così nel ricordo un’esistenza straordinaria e inimitabile.
Anche solo con queste poche note possiamo renderci conto con che personaggio abbiamo a che fare: oggi si parla con ammirazione di Casanova riferendosi al numero di conquiste femminili, senza tenere conto che ciò che le rende straordinarie è il livello sociale delle sue amanti.
In una società come era quella del 700, rigidamente divisa in caste, era assolutamente impensabile che il figlio di due attori potesse anc e solo rivolgersi direttamente a un nobile, mentre Casanova è ricevuto ovunque come una star: in parte perché era un conversatore fantastico con una cultura immensa, in parte perché aveva viaggiato moltissimo in un periodo nel quale questo rappresentava un’eccezione, ma soprattutto perché aveva il talento, il coraggio, la sfacciataggine di affrontare le persone sul loro terreno, discutendo da pari a pari di filosofia con Voltaire, di teologia con il Papa, di politica con ministri e Re, di musica con Mozart, di magia con Cagliostro, lasciando sempre gli interlocutori affascinati e impressionati.
Se esiste un segreto nel successo di Casanova, non può che essere quello di perseguire uno scopo utilizzando ogni mezzo a disposizione, senza la minima inibizione e con un talento straordinario nel capire quali tasti premere.
La varietà dei modi usati per le sue conquiste amorose è grande quanto il numero di femmine sedotte, ma in ogni situazione esiste in primo luogo il desiderio di far sentire la donna oggertto delle sue attenzioni l’essere più affascinante, seducente, attraente e importante dell’universo; e poi, sicuramente la capacità di valorizzare in qualche modo i suoi talenti; così, discute di filosofia con l’intellettuale, compra un violoncello per quella con talento musicale, offre consigli professionali a colei che cerca lavoro, insegna ricette esotiche alla casalinga.
In questo modo, ogni donna sentiva che in sua presenza stava offrendo la parte migliore di se stessa, e questo porta ad un’altra caratteristica di Casanova che lo rende unico: che tutte le sue ex amanti, anche quelle di una notte, conservano di lui un piacevole ricordo e quelle che lo reincontrano successivamente non esitano ad aiutarlo e a tirarlo fuori dai guai.
Ma attenzione, non voglio dare l’impressione di un perfetto gentiluomo: quando non riesce con le buone, Casanova utilizza qualunque mezzo, calpestando senza problemi qualunque norma morale o di semplice buon senso: non si fa problemi a offrire soldi (una volta offrendo soldi alla madre per andare a letto con la figlia vergine…), a usare minacce, ricatto, violenza e in alcuni casi passando allo stupro vero e proprio.
La stessa mancanza di ritegno la dimostra quando ha bisogno di soldi o di ottenere un vantaggio: così – e qui si rivela il talento di attore – in caso di necessità si proclama colonnello, medico, nobile (si autonomina Cavaliere di Seingalt), mago, alchimista, ingeniere, economista…
Gestisce il banco del gioco d’azzardo, bara, quando è il casa ruba.
Nello stesso tempo, le sue esplosioni di generosità, ad ogni livello, sono innumerevoli.
Ritornando alla seduzione, prima si è parlato di Don Giovanni, e il confronto tra questi due seduttori è praticamente inevitabile; molte volte – nel linguaggio comune – non pare ci sia differenza tra il dire “è un Don Giovanni” o “è un Casanova”. Ma la differenza c’è, ed è grandissima: mentre Casanova amava davvero le donne che conquistava, e cercava in tutti i modi di rendelre felici e di valorizzarle, Don Giovanni rappresenta il collezionista puro, che – lui sì – non ha altro scopo che aggiungere un’altra conquista al suo catalogo, con l’indifferenza più totale per le conseguenze delle sue azioni. E poi, non dimentichiamo un fatto fondamentale: Don Giovanni è un personaggio letterario, Casanova un uomo in carne ed ossa.
Infine, sono cosciente di come non sia possibile rendere giustiza in poche righe a un personaggio di tale statura; però spero almeno di essere riuscito a liberare un po’ Casanova dal cliche del libertino gaudente ossessionato dal sesso, senza altro attività che correre dietro alle femmine. Casanova non corre dietro alle femmine, Casanova corre dietro alla vita, e per lui le femmine non sono che un aspetto della vita che deve essere esplorato e apprezzato in tutti i suoi aspetti; vive con la massima intensità ogni momento, partecipa con tutto il suo essere ad ogni esperienza e la usa come fonte di piacere e insegnamento, poco importa che questa sia positiva o negativa.
Se abbiamo qualcosa da imparare da lui, è questa capacità straordinaria di donarsi nella sua totalità a ciò che la vita in quel momento gli sta offrendo, senza fare discriminazioni tra una negoziazione di affari, un libro, un’opera d’arte, una rappresentazione teatrale o una donna.
E, forse, riusciremo a scoprire che donarsi in totalità al momento presente non è il segreto di Casanova ma il segreto dell’esistenza.
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